Non c’è pace nel Mediterraneo dell’Est. Pressoché ignorata dai giornali italiani è in corso una escalation militare nella zona: la marina di vari Paesi, dalla Turchia, alla Russia, agli Usa incrocia al largo della Grecia, della Turchia, di Cipro, del Libano. É qualche giorno fa la notizia di una imponente manovra della marina turca nell’Egeo e nel Mediterraneo dell’Est, con 131 navi, 55 aerei, e 25 mila soldati, che ha portato a tensioni con gli altri paesi presenti nella zona con le loro unità e i loro marinai. Crocevia del Grande Gioco nel Mediterraneo, la zona sembra sempre più calda e qualcuno prova a lanciare l’allarme al Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres. L’imprenditore dell’energia, nonché personalità di spicco nel mondo politico-diplomatico mediorientale, Roudi Baroudi, ha lanciato un appello preoccupato proprio a Guterres. Dopo aver rilevato l’escalation militare nella zona, Baroudi spiega che l’oggetto delle tensioni sono i confini marittimi tra i paesi confinanti, e in particolare i nuovi giacimenti di idrocarburi scoperti nell’area. Pensiamo solo al giacimento Leviathan, al largo delle coste Israeliane: quasi sei miliardi di metri cubi di gas, o al giacimento Zohr, al largo dell’Egitto, di nove miliardi di metri cubi stimati. A fronte di queste e altre scoperte, e della ricchezza immensa dei giacimenti offshore ivi presenti (sono 231, tra petrolio e gas, un numero impressionante), c’è un coacervo di paesi che non hanno confini marittimi stabiliti con certezza: parliamo di Cipro, Egitto, Israele, Libano, Siria, e Turchia, e il problema ulteriore che alcuni paesi accettano la convenzione internazionale per il diritto marino (Unclos), altri no. E il risultato che quasi il 70 per cento delle dispute marittime della zona sono, di fatto, insolute. Date le tensioni politiche ed economiche in gioco la situazione è davvero rischiosa, per tutti, rileva Baroudi nel suo appello. Come risolvere la situazione? Baroudi propone a Guterres di creare uno «Special advisor» che si occupi del problema, ma soprattutto «di i lanciare un processo di mediazione dell’Onu. Va notato che, mentre il ruolo degli Stati Uniti da solo si è rivelato insufficiente, il coinvolgimento in un’operazione patrocinata dalle Nazioni Unite sarebbe indispensabile. In particolare per limitare le tensioni tra Libano e Israele lo sforzo Usa è uno dei requisiti per il successo». Ma quale sarebbe la strada per definire una buona volta i confini marittimi, epicentro di tutte le tensioni della regione? Baroudì propone un «approccio integrato, multidisciplinare» fatto di «buona legislazione e buona scienza». «Le nuove tecnologie di geolocazione e mappatura sono così affidabili che qualsiasi procedimento arbitrale internazionale può valersi di un terreno comune scientifico». E sul versante legale, Baroudi afferma: «La Corte di giustizia internazionale che è il principale organo giudiziale delle Nazioni Unite, ha affermato in molti casi che le regole di delimitazioni marittime contenute nell’Uclos riflettono la legge internazionale, quindi sono applicabili in generale. Questa giurisprudenza offre una guida autorevole per gli stati costieri, nel risolvere le loro dispute». http://www.ilgiornale.it/news/mondo/venti-guerra-scaldano-mediterraneo-soluzione-arbitro-1712245.html?mobile_detect=false
Venti di guerra scaldano il Mediterraneo. La soluzione: un arbitro internazionale
Tra confini contesi e tesori energetici. Gli Usa non bastano più. Baroudi: “Vanno applicate legge e tecnologia”
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